IL MIO PRIMO IRONMAN 70.3 VICHY – BY GIANLUCA
Le storie di gente comune che cambia il proprio stile di Vita, cambia il modo di pensare e di AGIRE, di affrontare lo sport e la Vita , sono all’ordine del giorno , soprattutto per la mia professione di Coach, ove ho a che fare con tantissimi atleti (amatori ) che sfidano continuamente i loro LIMITI mentali e fisici. Da anni con i miei Progetti Neofiti Triathlon e Maratona, ho coniato il moto “PUOI SE VUOI” leggendo un libro di Normal Peel che si intitolava proprio “Puoi se Vuoi ” ( la forza della menta supera qualsiasi difficoltà e vi permette di raggiungere qualsiasi obiettivo) ! E bene SI, Gianluca Fanizza , che leggerete qui sotto , è l’esempio di come una persona comuna , impegnata come ogni professionista nel suo lavoro , riesce a trovare il tempo, la forza di volontà, le energie psicofisiche , per affrontare la sfida IronMan 70.3 , ma soprattutto nel cambiare anche le sue abitudini alimentari portando benessere al suo organismo migliorando anche il suo peso corporeo e salute! Queste AZIONI CONCRETE gli permettono di arrivare preparato e in salute all’evento IRONMAN 70.3 VICHY AGOSTO 2016 , raggiungendo l’obiettivo che tanto aveva sognato in questi due anni di preparazione …e adesso ??? dopo l’IronMan 70.3 Gianluca vuole alzare l’asticella dei sui limiti , preparandosi al Full Distance Challenge Roth previsto per Luglio 2017 ! Vi racconteremo strada facendo come proseguirà il suo futuro da Triatleta!
Di seguito il suo racconto, anche TU se “VUOI PUOI” !
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IRONMAN 70.3 VICHY
Ed eccomi qua, sono passati due anni da quando mi sono imbarcato in questa impresa. Il primo anno è volato per capire questa fantastica disciplina. Al secondo giro di boa la stagione la affronto in modo più consapevole. Le settimane passano, gli allenamenti saltano come in canguri in Australia ma le gare di avvicinamento scorrono e si fanno progressi soprattutto in bici. Il cerchio si chiude in extremis: scopro che la disciplina nascosta del triathlon si corre a tavola. D’un tratto i consigli di Ignazio che mi sembravano impraticabili diventano parte delle mie abitudini quotidiane. Tutto questo allontana i fantasmi del passato in cui il sogno si è infranto su un km al 14% di pendenza alla mia prima gara sulla distanza media.
Gli ultimi accorgimenti
Il rituale ha inizio con il ritiro della busta magica, Quando il braccialetto ti si chiude al polso è ormai fatta. E’ troppo tardi per guardarsi indietro…. Il resto della mattinata va via nell’ultimo shopping compulsivo all’expo e qualche vasca in piscina per difendermi dall’avversario numero 1 di questo week-end: il caldo, ci sono quasi 40 gradi e si preannuncia una gara senza muta. Nel pomeriggio I preparativi principali per la transition. Ci siamo! Sono tranquillo, l’esperienza delle gare precedenti fa tanto: so quello che devo fare e perchè; non mi sento più un pesce fuor d’acqua che guarda in giro cercando di capire cosa sta succedendo.
Il grande giorno
La sveglia suona alle 4:00. Colazione pre-gara come ormai di abitudine e si parte alla volta della transition. C’è qualcosa di magico nel fatto che la gara di fatto abbia inizio quando non è ancora giorno. Mi sento ancor di più parte di qualcosa di speciale. Arriva la conferma che la muta è proibita: proprio quest’anno che ho fatto tutta la preparazione del caso e i chili in meno me la fanno finalmente sentire più confortevole… La cosa comunque non mi preoccupa più di tanto anche se tra i miei compagni di avventura serpeggia un po di inquietudine.
Finalmente albeggia e si prova la novità della rolling start. Niente tonnara, sicuramente meno scenico per il pubblico ma soprattutto per me signifi
ca niente botte all’inizio della fase di nuoto come ne ho prese nelle ultime gare. Se per un po mi sento come in fila alla posta, passare da un cancelletto che scandisce i secondi che mi separano dalla partenza, mi fa sentire come in una gara di sci e da più l’idea della lotta contro il tempo.
Comincio a nuotare. Effettivamente è talmente caldo che è davvero un piacere finalmente essere finalmente in acqua nonostante il colore verde salmastro. Sarà anche l’assenza della muta ma non mi sembra di far fatica. Cerco comunque di tenere il mio ritmo e alla fine trovo le energie per forzare un po’. In 50 minuti scarsi sono fuori dall’acqua, non è miracoloso ma il passo è anche meglio dell’ultimo olimpico. Bene cosi.
Transition 1
Esco dall’acqua ed ecco il primo segnale del mio nuovo corpo che mi prende un po di sorpresa: non arranco con il fiatone e non mi se
nto disorientato. Riesco a correre più veloce possibile per afferrare il cambio e il non indossare la muta rende un po più facile il resto.
Bici
Ho dedicato l’ultima settima di allenamento principalmente alla bici e quindi non vedo l’ora di fiondarmi a tutta nella parte che ho sviluppato meglio. Non ho provato il percorso ma sulla carta è relativamente in piano. Tra calo di peso e posizione aerodinamica mi sento molto comodo e la prima metà scorre bene. Riesco a gestire bene l’alimentazione anche se il secondo rifornimento al volo mi viene fuori un po fantozziano. A due terzi del percorso la parte più impegnativa si sale un po e la stanchezza inizia a farsi sentire. Stringo i denti ma la discesa finale sembra non arrivare mai e anche quando la transition è in vista c’è da soffrire ancora un po ma è fatta.
Transition 2
Questa è un po dura. Il caldo è la fatica si fanno sentire. Ma la prendo comoda questa volta. Gel tanta acqua e pit-stop idraulico. Sono un po confuso non capisco bene dove finisce la transition ma inizio a correre senza curarmi troppo del Garmin.
Corsa e finale
Ci siamo. Comincio la parte più impegnativa. Il cado è incredibile ma per fortuna doccia garantita ogni 2km.Parto forse un po troppo conservativo. Voglio farcela non voglio rischiare di piantarmi. La mente mi manda quindi le gambe in risparmio energetico. Rispolvero il “corri e cammina” e me la prendo comoda nonostante la gamba dia segnali tutto sommato positivi. Alla fine del primo giro quella che sarà una delle emozioni più forti della giornata: il braccialetto verde è al mio polso, si può cominciare il secondo e ultimo giro. un sorriso si stampa sul mio volto. Al 13 km inizia la sofferenza e la corsa ormai diventa una camminata veloce. Nonostante tutto non sono molto indietro e tengo il passo con chi cerca comunque di correre lentamente soffrendo. L’ultimo kilometro riesce a tirare fuori come al solito energie nascoste è all’ingresso nell’arena sembra di volare per quei pochi secondi che mi separano dalla linea finale. Quello che si prova negli ultimi metri è forse impossible da descrivere ma la cosa più incredibile è che mi sembra di aver fatto qualcosa di “normale”, alla mia portata, nonostante ci sia ancora tanto da imparare e da migliorare. Scrollarsi di dosso questa emozione nei giorni successivi è dura, sopratutto perchè si dimentica la sofferenza è ci si chiede subito quando è il prossimo. Una stagione fantastica con due mezze maratone, 4 triathlon olimpici e finalmente il 70.3 come ciliegina sulla torta.